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Racconti d'Asia

. Nepal-India: 4000km di sorprese (Roberto - serie)

. Perché Pakistan (Stefano)


. Nelle steppe di Gengis Khan - Mongolia - (Graziella)

. Mongolia: alla ricerca degli uomini renna (Graziella)


. Yemen: impressioni di viaggio (Graziella)

. Siria: una difficile partenza (Graziella)

. India: Kartir Pumina a Pushkar (Graziella)



Perché Pakistan ! di Stefano

Sono sempre stato affascinato dall'oriente,ho viaggiato molto in India Nepal,Birmania,Tibet mi mancava il Pakistan ,paese meno mistico di quelli citati ma altrettanto interessante per l'aspetto naturalistico e paesaggistico.Avevo sempre rimandato questo perché mia moglie ,compagna di tutti i viaggi,non ha mai gradito visitare paesi di fede islamica integralista un po’ per presa di posizione e anche per le oggettive difficoltà che può incontrare una donna occidentale in un mondo tutto al maschile dove la donna non può mostrare il volto,farsi ,avvicinare o parlare con un maschio che non sia suo marito,persino nei bus non può venire a contatto con un uomo.Approfittando delle vacanze separate ho proposto il viaggio a tre amici che hanno aderito.Il soggiorno è durato trenta giorni,per i trasferimenti abbiamo sempre utilizzato mezzi pubblici,ritengo che se si vuole conoscere a fondo un paese bisogna mescolarsi come la gente,sarebbe meno faticoso effettuare i trasferimenti in aereo o auto private con tendine e vetri scuri ma facendo ciò si resterebbe isolati dal contesto e non si potrebbe assaporare la realtà.Per i trekking eravamo autosufficienti con tende e viveri liofilizzati portati dall'Italia,non abbiamo volutamente utilizzato portatori anche se in qualche caso li abbiamo invocati per il notevole peso degli zaini .Particolari difficoltà non l'abbiamo incontrate,unico problema nei trekking è stata l'acqua , i quattro litri a testa non bastavano mai e per andare a prenderla costava molta fatica e inoltre non invogliava di certo a berla perché sporca di terra .Il Pakistan è il paese delle contraddizioni ,poverissimo e si permette di avere la bomba atomica,combatte la droga con la pena di morte ed è uno dei maggiori produttori ed esportatori ,ha pianure con clima torrido e montagne freddissime,ricca d'acqua al nord arrida al centro-sud .Ecco il Pakistan.


Nelle steppe di Gengis Khan di Graziella

Oceano di steppe desolate e deserti di venti,
Foreste secolari e alte montagne innevate,
La Mongolia si offre incontaminata all’occhio del viaggiatore

Su questa terra di orrizonti senza confini,
Il vento delle pianure si mescola col blu del cielo
Per creare delle pitture impressionistiche

Fuggitivo come la luce è il passaggio del cavaliere sulla pista,
Effimera è la stabilità della iurta nel cuore della collina
La Mongolia si merita... e lascia scoprire il suo splendore...
Piano piano...passo dopo passo
Secondo gli incontri e i capricci del suo clima”


LA PRIMA NOTTE NELLE STEPPE DI GENGIS KHAN

Tramite indirizzi trovati da ABM (www.abm.fr), associazione di viaggiatori indipendenti dalla quale siamo membri, avevamo deciso di nolegiare una jeep già dalla Svizzera,  perchè l’arrivo a Ulaan Bataar   previsto per il primo giorno del Nadaan, non ci avrebbe consentito di fare ricerche sul posto.
Dopo avere goduto i tre giorni del Nadan (i Mongoli si ritrovano in occasione della festa nazionale per assistere ai  loro tre giochi virili e preferiti : tiro all’arco, lotta, corse a cavallo) era scoccata l’ora della partenza per la steppa sulle orme di Gengis Khan.
La proprieteria della guest house, che tra l’altro ci aveva dato il proprio
appartamento per mancanza di posto, aveva raccomandato di essere pronti per le ore 7.00. Alle 6.00 già dalla finestra spiavamo l’arrivo della jeep, ma tutto era silenzioso in quel quartiere di Ulaan Bataar. Verso le 7.30 vennero ad avvertirci di  problemi riscontrati alla jeep , quindi la partenza era posticipata di alcune ore. Il tempo scorreva, si erano fatte le 16.00 e  rischiavamo di fare tardi all’
appuntamento con Gengis Khan... Nell’aspettare, decidemmo di riconfermare i voli di ritorno, visitare ancora la capitale, e   conversare con i viaggiatori della guest house, alcuni reduci di lunghi viaggi inbicicletta in provenienza dalla Francia.
Ad un tratto, l’autista appare e senza avere il tempo di realizzare lasciammo la capitale; già dopo pochi kilometri la steppa si estende all’infinito con paessagi mozzafiato e splendidi, il tutto quasi all’imbrunire dava una nota ancora più misteriosa alla steppa.
Mejet, l’autista, parlava poco la lingua di Shakespeare, e sapendosi in ritardo non osavamo  chiedere di fermarsi ad ogni passo per scattare fotografie. I
nostri occhi tentavano di registrare ogni paesaggio, ogni volto incontrato, ogni animale che pascolava... La bellezza della steppa ci aveva già conquistati , faceva battere più forte i nostri cuori e metteva in allerta tutti i nostri sensi.
Ad una fermata per osservare e fotografare un ovoo ( gli ovoo, simboli di buona fortuna sono dei tumoli votivi a cui i viaggiatori legano strisce di stoffe blu o soldi oppure depongono un sasso  o altri oggetti per richiedere protezione; la pratica di erigere gli ovoo era proibita durante il comunismo e oggi sta rinascendo) chiesi dove avremmo dormito e alla risposta sotto una iurta capii di avere trovato l’autista adatto alle nostre esigenze, al nostro desiderio di
condividere la vita locale; di fatto viaggiatori  incontrati ci hanno riferito di mai avere avuto l’opportunità di dormire nelle ger, solo nei tourist camp.
Verso le 21.00 all’improviso Mejet cambio direzione, e in quell’ oceano dove l’erba rasa è sola regina ci chiedevamo dove fossimo diretti... Circa dieci minuti dopo davanti a noi apparve una iurta , unica forma vivente in quella deserto incommensurabile. I Mongoli hanno un senso dell’orientamento eccezionale, si guidano osservando le varie forme delle montagne, dune, pianure e rii incontrati.
Fummo accolti da una  gentile e giovane  famiglia con due bambini in tenera età. Ci offrirono in segno di benvenuto una grande ciotola di latte di cavalla fermentato, il famoso airak dal quale si nutrono prevalentemente i Mongoli, possono berne sino a dieci litri al giorno. Dopo una cena mongola a base di
formaggi e della loro eccelente zuppa , la padrona di casa ci mostrò dove
potevamo sistemarci per la notte, ossia al lato opposto all’ingresso, posto d’onore per le visite gradite. Un pò smarriti, vestiti ci sdraiammo sui nostri
sacchi a pelo, sopra la mia testa un vassoio pieno di formaggi vari messi a asciugare per costituire le provviste invernale.
Piano piano, la vita nella iurta iniziò a quietarsi, i bambini si addormentarono nei letti posti ad Est e Ovest della ger, la padrona di casa si occupava
dell’ultima mungitura delle cavalle per poi trasformare il latte in airak. Più tardi arrivò il marito dalla steppa e stanco buttò la sella in un angolo della iurta, come noi le chiavi della macchina, baciò la sua Signora e si accorse di noi, ci salutò  con gli occhi dal tutto non stupito di trovarci lÌ, nella sua dimora. Questa è l’ospitalità mongola...
Qualche istante dopo iniziò a piovere, e attraverso l’apertura nella cima della iurta, che serve da finestra, s’intravvedevano le zebrature dei lampi nel cielo, lo scintillare delle stelle e la pioggia cadere, senza che una sola goccia entrasse nella ger... magia mongola...
e  mano nella mano , la mente riempita di magici e fantastici ricordi e emozioni, sognando al nostro futuro incontro con Gengis Khan, il sonno ci colse fra le sue braccia...


Mongolia: alla ricerca degli uomini renna (Graziella)

Prima colpisce l'immensità poi il silenzio e infine questi occhi a mandorla ridotti a semplici fessure per meglio apprezzare le distanze in quell' oceano che muta a seconda dei capricci del tempo. Siamo di ritorno nel paese di Gengis Khan alla ricerca degli uomini renna. Ma prima d'incontrarli abbiamo un importante appuntamento… Il tamburo rimbomba nella piccola capanna di legno dove regna l'oscurità, la cerimonia sta per iniziare, il grande sciamano di Tsaagan Nur Sun ha accettato di praticare la sua arte per noi. Siamo venuti a chiedergli d'implorare gli dei per la buona riuscita della nostra gita dai Tsaatan. Le nostre offerte, vodka, sigarette, vari dolciumi e qualche biglietto di banca sono benvenuti ed esposti sull'altare. Preghiere, magie, incantesimi, litanie, canti, gesti, lo sciamano caccia gli spiriti maligni e implora gli dei a raggiungerlo nella sua danza di trance. A ogni fase del rito intervengono la moglie e la sorella con movimenti mille volte ripetuti. Ad un tratto lo sciamano inizia a volteggiare, il ritmo va accelerandosi: lo sciamano è posseduto! Pochi secondi dopo è di nuovo quieto ma la sua postura e le sue gesta non sono più le stesse: oramai è abitato da un potente spirito. I dado è tratto, tre persone vengono scelte nell'assemblea tra cui il nostro amico autista che non sa se sentirsi onorato di accompagnare lo sciamano nel suo delirio. Ci rallegriamo di non essere stati scelti, ma non immaginavamo che presto sarebbe venuto il nostro turno e saremmo stati flagellati con i lunghi nastri del suo mantello blu, avremmo ricevuto in testa la corta ma robusta bacchetta di legno che usa per suonare il tamburo. Ci chiediamo cosa sta per succedere: lo sciamano sembra avere una preferenza per una di noi, passa più volte sul suo corpo la sua bacchetta dando grandi colpi al suo stomaco, s'informa sui sintomi che sente e alla fine esegue speciali incantesimi per liberarla dei demoni. Anch'io ho avuto lo stesso trattamento ma in forma meno violenta, un'anziana signora viene scaraventata a terra dallo sgabello sul quale sedeva, il nostro autista come penitenza non dovrà bere alcool per sette giorni, ad un bambino, che faceva i compiti invece di stare attento alle evoluzioni magiche del gran maestro, lo sciamano sputa nelle sue orecchie… Finalmente il tamburo si fa di nuovo sentire con insistenza, lo spirito soddisfatto è pronto a rientrare nel suo universo e a rendere il corpo preso in prestito al suo legittimo proprietario. Dopo mille giravolte sua moglie inizia a spogliarlo ad uno a uno dei suoi vestiti da cerimonia, quando ad un tratto lo sciamano cade a terra e solo il fumo di una brace spolverata di erbe benefiche, riposta vicino lo farà tornare tra noi. Dividiamo con l'assemblea la vodka e i biscotti, il resto viene distribuito alle famiglie vicine, lo sciamano ci assicura che godiamo tutti di un'ottima salute ma che la nostra amica deve coprirsi bene e consultare uno stregone moderno. Ripartiamo con la certezza di essere stati benedetti malgrado l'ira degli dei perché la cerimonia in nostro onore si è svolta di giorno e le divinità, si sa, preferiscono il fitto buio per esprimersi… In una mattina che fatica a sorgere, la nostra carovana composta da una decina di cavalli si mosse per raggiungere la tribù dei Tsaatan. Avevo messo dei fiori nella criniera del mio cavallo chiamato per l'occasione Gengis Khan. I nostri corpi ballano seguendo il ritmo dei nostri destrieri, la steppa come un film senza fine, senza orizzonte che si possa toccare col dito passava davanti ai nostri occhi. Solo il rumore degli zoccoli e i nitriti turbavano ad intervalli la quiete di questi luoghi magici, poi si chiudeva il silenzio dietro di noi per meglio cancellare le nostre tracce: la steppa deve sempre rimanere intatta. Ebbri di libertà, inebriati di aria pura, portata dallo zeffiro della steppa, un canto sale dalla profondità della terra: è la nostra guida che canta l'amore per i suoi cavalli e la sua patria. Suoni gravi si sprigionano dalla sua gola per volare trionfanti sino al blu del cielo, mai avevamo conosciuto una tale pienezza e nemmeno una tale armonia con la natura. E quando la musica abbandonò all'aria leggera i suoi ultimi accordi restammo immobili, pensando cosi di poter fermare l'istante, prolungare questo presente all'infinito… Qui, anche la musica riflette l'anima profonda della Mongolia, le note comunicano totalmente con la natura. Montagne spoglie, boschive, fiorite, rotte, sassose, nevai, torrenti, passaggi stretti e tortuosi dove i nostri bagagli s'impigliano e le nostra ginocchia si sbucciano, sentieri quasi invisibili dove anche una capra tibetana esiterebbe a condurci la sua prole. Dobbiamo però proseguire in quel universo minerale e vegetale verso la salita cosi irta, il terreno cosi scivoloso, inzuppato e fangoso che fatichiamo assieme ai nostri cavalli che a volte sprofondano sino a metà coscia… Impressione di vertigine… E se il tempo non esistesse? E se questa vita lontana da tutto ma cosi vicina alla natura fosse la verità? E se questi nomadi (e uomini renna) avessero trovato la chiave per vivere fuori dal tempo nel presente? Delle nuvole bianche come la neve scherzano col sole disegnando forme arabesche su questo mare d'erba o di sassi, ci avviciniamo in silenzio per non intimidire gli uomini renna e finalmente come ricompensa dietro l'ennesima montagna ecco i primi urt simili alle tende dei Pellirossa con le loro fumate blu si offrono alla nostra visione, i nostri sensi si mettono in allerta: quale accoglienza I Tsaatan ci faranno? Il nostro timore viene presto dimenticato , subito si preoccupano di servirci cibi caldi per riscaldare i nostri muscoli indolenziti, ci portano della legna e ci aiutano a montare le nostre tende moderne nei quali geliamo durante la notte… La nostra salita si conclude dopo dieci ore di lunghi sforzi nel reame dei cervi delle nevi; qui le renne hanno soppiantato la più nobile conquista dell'uomo (il cavallo) nel cuore di questa tribù: la vita si organizza e dipende totalmente dalle renne. Figli di una natura grandiosa ma ostile, il piccolo popolo dei Tsaatan sta scomparendo e silenziosamente chiedono aiuto. Ad ovest del lago Kövsgöl, là dove la steppa cede il posto alla taiga, in una terra solcata da innumerevoli fiumi, dove l'inverno è rigidissimo, abita un piccolo e antichissimo popolo nomade. Questa tribù di circa 200 anime in totale simbiosi con i loro animali, tanto che i mongoli li hanno chiamati uomini renna, dalle parole tsaa buga, cervo delle nevi e tsang, popolo. La loro sopravvivenza dipende, infatti, interamente dalle renne: la loro carne e il loro latte quattro volte più ricco del latte vaccino rappresentano quasi gli unici prodotti dei quali si cibano. La pelle viene utilizzata per fabbricare calzature e copricapi, le corne tagliate direttamente sull' animale vivo, molto apprezzate come afrodisiatico nella farmacopea cinese, sono utilizzate come merce di scambio per procurarsi prodotti indispensabili come il riso, la farina, il tè e il sale. I Tsaatan hanno conservato le loro tradizioni ancestrali e praticano lo sciamanismo. Venerano e temono gli spiriti del cielo e della terra e rispettano gli antichi riti funebri. I bambini imparano tutto per imitazione osservando gli adulti compiere il loro lavoro, anche i più piccoli sanno badare alle mandrie, e si preparano così ad affrontare la dura vita della tribù e le migrazioni annuali. Come per tutti i popoli dell'Asia centrale il nomadismo non è causato dalla necessità di trovare nuovi pascoli, in queste terre sconfinate l'erba non manca, ma il nomadismo ha un profondo significato spirituale legato ai cicli della vita che permette la relazione tra terra e cielo, fra visibile ed invisibile. I Tsaatan hanno rinunciato a una vita più facile al villaggio di Tsagan Nur, al comfort hanno preferito vivere senza catena la loro cultura e spiritualità, hanno scelto la libertà. Ma la lotta è impari, ora che a loro è stato vietato far pascolare le mandrie nella vicina Siberia, la brucellosi decima uomini e bestie e se nulla verrà attuato fra pochi anni questo popolo dalle lontane radici sarà soltanto un ricordo. …E sul cammino del ritorno ripartendo verso nuovi sublimi paesaggi e indimenticabili incontri pensiamo a lungo agli uomini renna laggiù nascosti nelle foreste confinanti con la Siberia…che ci hanno dato una formidabile lezione d'umiltà, loro che lottano ogni giorno per una precaria sopravvivenza conservando con tenacità il valore della libertà. Graziella


Yemen: impressioni di viaggio di Graziella

Finalmente Sana’a tanta sognata con le sue case delle mille meraviglie offrono tutto il loro splendore ai nostri occhi. Rimaniamo incantati dal fascino che emana da questa città fondata da Sem, a chi deve il suo nome. Oggi ancora quasi tutta la città custodisce la sua originale architettura, la sua bellezza voluta dai suoi abitanti: estetismo delle linee perfette delle case torri che fanno la gara con i minareti per assicurarsi la vittoria toccando per primo il cielo… Ovunque pennellate di colore, quasi un dipinto impressionista dove l’azzurro domina per il cielo, il bianco per le finestre, il color sabbia per le case e il verde per gli orti che s’indovinano quando si aprono i portoni. Folla, calore, odori, umidità, grida della folla, muggiti degli animali in esposizione, pigia, spintoni, risate, contrattazioni, visi chiusi che riflettono, folla bianca a perdita d’occhio, qui è il dominio degli uomini in abiti tradizionali immacolati: siamo al grande mercato di Bay El Fahid. Qui tutto si vende e si compra: cordami, briglie per gli animali, bestiame e alimentari, qui già dall'alba, si viene da ogni parte per quel grande giorno con la speranza di potere realizzare buoni affari. L’aria satura di odori e umidità fa girare la testa, ci sentiamo talmente assorbiti da quella ressa da non capire più se siamo turisti o yemeniti…   Sabbia chiara, palmeti, battelli di legno, spiagge deserte, notti afose,   capanne di cordame, è il regno di Ahmed, gestore di una minuscola guest house lungo il Mar rosso e Ahmed aspetta sempre seduto su una panchina di paglia sgangherata il viaggiatore che si è perso lungo la costa. Un bagno nel mare tiepido al crepuscolo, il sapore di un pesce alla griglia e Al Rora diventa per noi il più bel lido al mondo… Il viaggio prosegue per Marib dove il mistero della regina di Saba aleggia ancora e l’incontro con Ali, il nostro autista, è un suo dono; non voleva prendere dei turisti per rientrare presto a Radà ad abbracciare il suo ultimo figlio che non conosceva ancora. Il nostro itinerario prevedeva una sosta in quella città per ammirare le vecchie finestre di alabastro e cosi ci accettò come compagni di viaggio e fummo anche invitati qualche giorno a casa sua. Ali conosceva tutto: oltre ai posti migliori, ci fece incontrare persone interessanti e capire la cultura e le tradizioni yemenite, e con lui scoprimmo Shibam… All’uscita dell’arido Rub Al Kali, dopo dodici ore di traversata accompagnati dai beduini, dei loro Kalachnikov, e la condivisione di un te nel deserto, Shibam, la Manhattan del deserto, appare come un miraggio in uno scrigno di palme. Stessa visione che avevano i carovanieri sulla via delle spezie… Shibam, con i suoi grattacieli di oltre otto piani protetta dall’UNESCO risuona nelle sue viuzze delle risate dei bambini, dei zoccoli delle capre alla ricerca di cibo, delle chiacchiere delle donne, ombre nere che circolano attente a non cadere sui marciapiedi disuguali… Shibam, dove i pittori seduti su delle effimere e fragili altalene a più di dieci metri dal suolo, decorano le finestre con la calce color neve, cantando…  Shibam, dove la notte il gioco delle luci attraverso le finestre di  vetro colorato ci mormora dei racconti fantastici e le ombre fuggitive degli ultimi ritardatari si trasformano in odalische e sultani… Shibam, che dal jebel vicino s’infiamma al crepuscolo per lasciare a malavoglia il posto alla luna rendendo inquietante le ombre delle palme e Shibam cade nel silenzio, portando con sé i nostri sogni e ricordi per sempre impressionati nel nostro cuore…  E il giorno si alza su Bokur, questo villaggio isolato su un altopiano sembra aspettare il suo principe come la Bella Addormentata. Illusione o realtà queste case che giocano a nascondiglio con la montagna permettendo alle pietre di color sabbia rosa di riflettere i raggi del sole per meglio fondersi nel paesaggio e non farsi scoprire? Lo Yemen è cosi: si nasconde per meglio essere scoperto, i suoi uomini così fieri sono sempre pronti a difendere l’onore e solo un viaggiatore attento e paziente potrà incontrare l’anima profonda dell’Arabia Felix…


Siria: una dificcile partenza di Graziella

Le nostre amiche erano partite per ritrovare il grigiore parigino e noi proseguivamo da soli il nostro viaggio ell’antica Siria, inoltre dovevamo deciderci a lasciare il raffinato albergo Dar Halabia, luogo di pace nel cuore del suq di Aleppo. La ricerca di una macchina con autista si avverò più difficile del previsto: l’autista di una Mercedes degli anni 60 contattato il giorno precedente non venne a prenderci, quindi decidemmo di tornare al capolinea dei bus e tassi per vedere se avremmo avuto maggiore fortuna.  I prezzi erano esorbitanti, alcuni autisti non volevano partire per più giorni, oppure non capivano l’itinerario che volevamo seguire. Ad un tratto, un giovane si fece avanti con timidezza, volle guardare la nostra cartina e chiedendo aiuto per tradurre le sue parole, s’informò sulla nostra destinazione. Con l’aiuto di mimiche, gesta, traduttori improvvisati, Zoer capi che volevamo partire cinque giorni nel nord del paese seguendo la strada lungo il confine turco per giungere a Hassake, Der Er Zor, Halabbyie, Rassaffa, Hama, Malula, Bosra e infine Damasco. Propose subito un prezzo onesto e dopo una stretta di mano le diciamo: si parte subito! Salimmo a bordo del suo mini bus e al momento di mettere il contatto, Zoer fu richiamato dai suoi colleghi che pretendevano farci scendere dal veicolo. Facemmo orecchio da mercante… e arrivò la Polizia… Zoer dopo una lunga discussione, ci chiese di aspettare, un suo amico rimase con noi mentre gli altri autisti provavano sempre di farci scendere, senza riscontrare buona volontà da parte nostra, dal mini van… Mille domande senza risposta ci passavano per la mente, Zoer tornò assicurando che tutto sarebbe sistemato in meno di un’ora, e di aspettarlo al Dar halabia hotel, il tutto spiegato con gesta e qualche parola di misto arabo - inglese; il suo amico ci accompagnò all’albergo e l’attesa iniziò… Avevamo deciso, senza consultarci, di farle fiducia, era cosi timido e gentile. Quaranta cinque minuti dopo Zoer era nella hall dell’albergo facendosi ancora spiegare dal portiere il nostro percorso e partimmo… Zoer ci spiegò sempre aiutandosi di gesta e delle povere parole d’inglese che conosceva e noi con la nostra conoscenza d' arabo molto limitata che la Polizia voleva metterlo in prigione perché non aveva il diritto di affittare il suo mini bus all’interno del capolinea dei pulman (all’esterno invece è possibile) perché il suo mini bus è un veicolo pubblico che percorre la strada Aleppo ? Kurkunia, sito a circa  50 km. Zoer era riuscito aschivare la prigione pagando una multa di circa 1000 lire siriane (una forte somma per loro) e la giornata si prosegui ad incontrare la Polizia… un vero incubo: ogni 50/100 km la Polizia ci fermava, e se non c’infastidivano mai, Zoer invece doveva sempre mostrare i documenti. Il secondo giorno ci accorgemmo che Zoer pagava la Polizia: tutti gli autisti devono sottomettersi al pizzo salvo se trasportano dei turisti. Pudico e ingenuo, Zoer posteggiava sempre lontano dal blocco per non farci vedere queste scene degradante per l’immagine del corpo della Polizia. Lui non sapeva che se la polizia si rende conto che i turisti possono accorgersi dell’esistenza di tangenti legalizzate, lascia partire l’autista senza reclamare il pizzo. Questo viaggio iscritto per sempre nelle nostre menti ci ha permesso di attraversare delle zone poche conosciute, desertiche, incantevole incontrare gente che ci ha accolti a braccia aperte offrendoci il poco che possedevano, ma è l’incontro con Zoer e la sua famiglia che vive in un minuscolo villaggio nel deserto che rimarrà indimenticabile perché sifdò la Polizia e rischiò la prigione per accompagnarci. Che cosa avevamo detto o fatto per meritare una tale abnegazione da parte sua,  specialmente perché era la prima volta che osava lanciarsi nell’avventura del trasporto di turisti? Siamo stati i suoi primi clienti, la sua prima volta, il suo primo grande viaggio nella sua Siria natale ed è riuscito ad incantarci grazie alla sua disponibilità e grandezza d’anima, cercando sempre di farci piacere, trovando il modo d’indovinare i nostri desideri per farci vivere gli splendori delle  mille e una favole come le sogniamo dall’occidente…  Graziella


India: Kartir Pumina a Pushkar 

Quando il cielo annuncia l’arrivo della piena luna, alla fine del monsone, per gli abitanti del Rajasthan è tempo d’incamminarsi verso Puskhar… La folla arriva a fiume, un vero maremoto: dagli altopiani, dal deserto del Thar, dai villaggi, dalle città, migliai di pellegrini, mercanti e nomadi partono per Puskhar; Puskhar dove Brahma lasciò cadere un fior di loto e dalla quale è nato un lago… Brahma ci fece un sacrificio durante la piena luna di Kartik (novembre) e Puskhar divenne un importante luogo di pellegrinaggio per gli induisti che considerano benefico fare il bagno nelle acque del lago la sera della piena luna. La differenza con le altre acque sacre dell’India è grande perché qui il lago è piccolo e le sue acque non scorrono verso l’oceano. Sul suo perimetro, costruiti dai re, nobili e maharajah oltre 50 ghat e 400 templi e palazzi sono a disposizione dei fedeli venuti lodare il loro Dio. Qui, l’idea della morte è lontana: non vengono celebrate nessuna cerimonia funebre sulle rive di questo lago solo animazione e gioia sono ammesse. Chi fa le sue abluzioni mattutine, chi gioca a spruzzarsi acqua a vicenda, chi lava la propria biancheria: sono dei momenti felici perché la religione è vissuta con naturalezza. La piena luna è accompagnata della Mela: la più grande fiera di animali della regione. Tutta la gente corre per assistere alle feste religiose e pagane. Ogni anno circa 200 000 persone arrivano per celebrare le Kartik Pumina e 50 000 animali guidati dai loro proprietari, mercanti, allevatori e famiglie giungono da tutte le parti del Rajasthan e stati vicini. In città, il loro accampamento dietro lo stadio dove si svolgono competizioni tra animali e varie parate prende delle proporzioni gigantesche. Vicino troviamo diversi stand di tiro, giostre, circhi e le grandi ruote panoramiche offrono una vista imprendibile sull’immenso campo della fiera. La città, che durante i suoi giorni normali ha un ritmo lento e contemplativo, cambia completamente quando c’è la festa. Ma Puskhar è anche quello: una concentrazione di profano e di sacro, d’anime e d’affari, di mistico e d’esotismo; e la notte, lontano dell’agitazione delle giostre, passeggiando nelle viuzze quasi vuote, favorisce l’incontro con l’anima antica di Puskhar, e attorno al lago camminare e meditare senza disturbo è possibile come scoprire dei piccoli monasteri, scuole religiose, eremi e comunità mistiche. La sera della piena luna, al tramonto, la Kartik Pumina prende fine come pure la Mela: tutta la notte, come le notti precedenti, la festa sarà onnipresente e poter dormire sarà difficile a causa dei canti e danze attorno ai focolai nell’accampamento dei nomadi, dei claxon dei bus e camion che lasciano la vallata e a causa delle grida rauche dei cammelli e delle carovane che s’incamminano sulla via del ritorno… Graziella



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